sabato 5 novembre 2011

I Soliti Idioti (voto 6)

Pietro Valsecchi non è una bella persona. L'ho conosciuto durante il Festival di Bellocchio a Bobbio e mi sono trovato di fronte a un personaggio veramente cinepanettonesco, il classico produttore che vuole spennare il più possibile le sue gallinelle dalle uova d'oro (in questo caso, Checco Zalone) e mettere sempre al di sopra di tutto il tornaconto. Pietro Valsecchi non è uno stupido. Ha capito molto più di altri che cosa sia l'Italia oggi e dove sta andando e ha fiutato immediatamente il profumo dei soldi che gli avrebbe portato il talento straordinario di Checco Zalone. Il fatto che Valsecchi sia il produttore de 'I soliti idioti' sta a dimostrare che ha una comprensione dell'Italia di oggi decisamente superiore a un qualsiasi critico cinematografico intellettualoide che scambia per capolavoro un film di una banalità agghiacciante come 'Corpo Celeste' di Alice Rohrwacher. 'I soliti idioti' non è cinema, non è arte, è una roba. Come programma televisivo è inattaccabile, come prodotto cinematografico è la negazione di ogni possibile concezione di cinema inteso come sviluppo narrativo. Abbiamo diversi sketch della coppia gay (uno che pensa di essere incinto e l'altro che passa il tempo davanti al cellulare), della famiglia borghese piena di pregiudizi e del postino metallaro disadattato che si trova sempre di fronte a imprevisti burocratici. E soprattutto, abbiamo gli eroi della serie, ovvero Ruggero De Ceglie e suo figlio Gianluca, gli unici a cui la sceneggiatura ha previsto un minimo di trama (delirante, Ruggero impedisce il matrimonio di Gianluca perchè vuole, per scommessa, che faccia sentire la "presenza" alla modella di 'Smutandissimi'). Chi ama la comicità demenziale, avrà pane per i suoi denti. E' evidente che siamo di fronte a un prodotto di bassa qualità cinematografica ma sbolognare in due parole 'I soliti idioti' sarebbe un errore. Per quanto lontani dal genio assoluto di Zalone, Biggio e Mandelli sono lo specchio di una Italia eccessiva, esasperata e disperata. Prendiamo l'esempio dei due preti che vogliono modernizzare la Chiesa (assenti nel "film", peccato, li avremmo preferiti al posto della debole coppia borghese): un solo sketch è cento volte più graffiante e corrosivo di due ore di corpoceleste o di un qualsiasi film della comencini (così come lo era il grandioso cardinale di Tullio Solenghi in 'Che bella giornata'). Credo che il cinema debba essere inteso come mezzo per scuotere, per farci vedere il nero là dove sembra tutto bianco e il bianco là dove appare tutto nero. Un pilastro del cinema italiano e, diciamolo, della sinistra italiana come Nanni Moretti lo sa bene e, ogni volta, un suo film è sempre diverso da quello che ci si aspetta. Quando, invece, vengono celebrati "autori" che ripetono quello che ci sentiamo dire da anni e che piacciono a me, a te e a qualche lettore di Repubblica, dovremmo cominciare a renderci conto che c'è un serio problema di incapacità di lettura della realtà. A quel punto, io mi tengo stretto quelle risate liberatorie che la bravura di due simpatici comici come Biggio e Mandelli riescono a dare con la loro sana, ignorante e rigeneratrice demenza.

Nessun commento:

Posta un commento