venerdì 10 giugno 2011

Cannes e Dintorni - Parte Prima: Les Geants, The Artist, Melancholia

E' stato davvero entusiasmante l'inizio della manifestazione milanese 'Cannes e Dintorni.' Il primo film che ho visto è stato il belga 'Les geants' di Bouli Lanners (voto 9) e, subito, le emozioni si sono fatte forti. E' la storia di tre adolescenti in campagna abbandonati a loro stessi, senza alcuna figura parentale che possa loro fare da guida. E' il classico romanzo di formazione e di crescita, sensibile e agrodolce. Mi ha ricordato moltissimo il vecchio cult 'Stand by me' con una grande differenza rispetto al suo illustre predecessore: in 'Stand by me' il tono era spesso sognante e magico mentre in 'Les geants' le (dis)avventure che affrontano i tre protagonisti sono sempre dettate da uno spirito un po' disperato di sopravvivenza, che riesce a passare sottopelle grazie allo straordinario legame che solo a quell'età può nascere da un rapporto di amicizia e fratellanza. E' un film delicatissimo che nasconde riflessioni piuttosto amare. La seconda opera è stata 'The Artist' di Michael Hazanavicius (voto 9), meravigliosa riflessione sulle innovazioni e sul cambiamento, sul successo e sulla decadenza. Straordinaria è l'interpretazione del protagonista Jean Dujardin, che ha giustamente vinto il Premio di Miglior Attore. Una sfida di un'ora e quaranta muta e girata in bianco e nero che riesce a tenere sempre un ritmo eccezionale grazie a due personaggi meravigliosi e a una storia bella, divertente e geniale. Nell'epoca del 3D, 'The Artist' è puro anticonformismo. Ma è soprattutto un grande omaggio all'eternità del cinema e alla sua forza popolare. Veniamo, infine, all'ultimo film di questa mia prima tornata, ovvero a quello che attendevo maggiormente. 'Melancholia' di Lars Von Trier (voto 8) è tutt'altro rispetto a ciò che mi sarei aspettato, cioè la seconda parte orrorifica di 'Antichrist.' Tematicamente il film riprende alcuni aspetti del precedente ma il controverso regista danese stavolta si contiene con i deliri visionari, limitandoli esclusivamente al comunque splendido incipit. Per il resto, si tratta di un ottimo lavoro di dialoghi e di recitazione. Trascinato da una bellissima e bravissima Kirsten Dunst e da una intensissima Charlotte Gainsbourg, 'Melancholia' prosegue il pensiero di Von Trier sul genere femminile che, come la morte, è l'alterità che non si può comprendere. La fine del mondo viene prima percepita e poi affrontata esclusivamente dalle due protagoniste, mentre gli uomini rimangono inabili e incapaci di fronte al corso degli eventi. Accusato di misoginia, Von Trier constata piuttosto l'inconciliabilità dei due mondi e le loro incolmabili differenze. Una teoria senz'altro discutibile, indubbiamente affascinante. Se solo nelle conferenze stampe Lars Von Trier evitasse sparate che probabilmente non pensa nemmeno, forse sarebbe anche più rispettato dai critici più rigorosi.


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