mercoledì 4 luglio 2012

All Summer Long: L'Estate Di Kikujiro

- Signore, ma tu come ti chiami? -
- Kikujiro, scemo...A casa, di corsa! -

Takeshi,
il puttaniere. Kikujiro/Kitano è un uomo, un adulto, uno yakuza dai modi bruschi. E' sposato, ma non si fa problemi ad andare a puttane al primo momento libero. Appena ha l'opportunità di spendere qualche soldo, corre subito al velodromo per scommettere sulle corse dei ciclisti. E' un bricconcello, un attaccabrighe, che si sente realizzato fregando il prossimo nelle piccole cose (del tipo, rubare un taxi piuttosto che il cibo a un passante che aspetta con lui l'autobus, spacciarsi come cieco per ottenere un passaggio e lanciare sassate a un camionista che si è rifiutato di darglielo). Non va più in nessuna direzione, è praticamente disilluso ma il suo sguardo amaro, malinconico lascia intendere che prima di oggi c'era qualcosa a cui teneva e che ha perso. Si offre di accompagnare il piccolo Masao, alla ricerca della madre, da Tokyo a Toyoashi durante i primi giorni d'estate, quando le famiglie più benestanti partono per il mare, mentre i solitari e i meno fortunati sono costretti a rimanere in città.
Takeshi, il pittore. I primi giorni d'estate di Masao e del suo accompagnatore Kikujiro passano attraverso paesaggi accesi e colorati da una parte, desolati e sperduti dall'altra. Sono terre di nessuno quelle che fanno da sfondo al loro viaggio: campi di granoturco, terre boscose, ma anche un imponente albergo modernissimo che si erge nella desertica periferia giapponese. E, soprattutto, la bianchissima spiaggia metafisica (classico topos del cinema kitaniano) come posto dell'anima, ritrovo di personaggi un po' balordi, ma fantasiosi, autentici. Gli angeli azzurri e i demoni rossi sono costantemente presenti nell'immaginario del bambino, come esorcizzazione della realtà. Il sogno è il luogo nel quale si scopre che ciò che ha ferito, che ha fatto male non può essere cancellato, però può essere rielaborato dalla fantasia. L'immaginazione è un punto d'arrivo, il contenuto della vita.
Takeshi, il poeta. 'L'estate di Kikujiro' è un film che parla delle delusioni, in maniera narrativamente rivoluzionaria. La vicenda si conclude praticamente a metà, poi inizia una seconda parte (quella del ritorno a Tokyo), parallela alla prima. Andata - fine - ritorno. O meglio, risata - lacrima - risata. Se il percorso dei due protagonisti si caratterizza inizialmente da un insieme di disavventure dovute alla goffaggine del ciarlatano Kikujiro, per le quali si ride di lui e non con lui, si trasforma in seguito nella celebrazione del ritorno all'infanzia come unica possibilità per fuggire alle sofferenze e al dolore. Il grande Kikujiro non è la guida che conduce il piccolo Masao nell'approccio all'età adulta ma è quest'ultimo a far regredire il primo all'infanzia. Per consolare il bambino dopo l'enorme delusione che ha dovuto subire e con l'aiuto di qualche strambo individuo incontrato per strada, il ritorno di Kikujiro è una continua invenzione di giochi, che rappresentano una forma di protesta degli sconfitti contro le ingiustizie della vita. Seppur abbandonati, grazie alla creatività, al genio, al divertimento, il mondo può tornare a essere un luogo di meraviglia e di stupore. Guarda caso, Kikujiro/Kitano coinvolge proprio i più disadattati, chi non vuole integrarsi: un sedicente poeta-filosofo senza dimora, due motociclisti metallari ribattezzati "il ciccione" e "il pelato". E non importa se durante tutto il viaggio il piccolo Masao non fosse a conoscenza del nome di chi è riuscito ad alleviare le sue lacrime. Quello che conta è che Kikujiro/Kitano sia riuscito nell'impresa eroica di far commuovere grazie alla sincerità e al pudore, malgrado nelle nostre vite non ci sia mai stato nessuno presente, in grado di insegnarcelo.

Emiliano Dal Toso

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