giovedì 15 ottobre 2015

Il Pagellino: Cinemadays 2015

Inside Out - Pete Docter, Ronaldo Del Carmen 9: si resta meravigliati di fronte all'architettura mentale congegnata dall'abile creatività della Pixar. Si ride, si piange, in un tripudio di emozioni destinato a rappresentare un nuovo punto di svolta tecnica e, soprattutto, intellettuale del cinema d'animazione.

Black Mass - Scott Cooper 8: Johnny Depp, in un ruolo altamente a rischio, rispolvera il meglio di sé, mettendo da parte smorfie e stramberie, per un gangster movie classico, solido, un po' vecchio ma ancorato ai grandi archetipi del genere e ai grandi valori maschili, oggi in crisi: amicizia, fedeltà e memoria storica.

Io e Lei - Maria Sole Tognazzi 8: grandissima sorpresa. Finalmente, un film italiano intelligente, con due personaggi femminili veri e mai caricaturali, che racconta un rapporto di coppia senza urli e piagnistei, attento ai piccoli dettagli della quotidianità. Non l'avrei mai detto: magnifiche Margherita Buy e Sabrina Ferilli.

The Lobster - Yorgos Lanthimos 8: straniante, houellebecquiana riflessione sulle mediocrità dell'uomo, contrapposte a una società che non può più fare a meno di catalogare e di etichettare. Lanthimos bilancia ottimamente contesti surreali e tragici, e gradite dosi di ironia: il merito è anche dell'immenso Colin Farrell.

Janis - Amy Berg 7: documentario su Janis Joplin, e solo per questo motivo meriterebbe una visione. Non troppo anticonvenzionale, per quanto il lavoro svolto tra ricerche e interviste sia sicuramente encomiabile. Per fortuna, la musica non manca: per ora, basta e avanza.

Padri e figlie - Gabriele Muccino 7: melodrammone famigliare, prevedibile ma particolarmente sincero, teneramente fragile, sinceramente commovente. Muccino fa il suo mestiere più che bene: un cinema che si può anche evitare ma che ha tutto il diritto di esistere quando è così trasparente nei suoi intenti.

The Program - Stephen Frears 7: ascesa e caduta di Lance Armstrong, tra tumori ai testicoli, menzogne e doping senza soluzione di continuità. Un film che fa incazzare chiunque creda ancora nel significato umano dello sport: semplice, professionale, sufficientemente indignato.

La vita è facile a occhi chiusi - David Trueba 7: viaggio di un fan di John Lennon alla ricerca del suo idolo, mentre è in Almeria per girare un film contro la guerra. Un altro esempio di cinema dignitosissimo, tra ruffianerie e sagaci malinconie. Poi, si ha voglia di correre a casa per ascoltare Strawberry Fields Forever.

Much Loved - Nabil Ayouch 6: ecco la quotidianità delle prostitute marocchine, osservata con minuzia di particolari in tutti gli aspetti: dai festini e le orge con i ricchi sauditi alle scene di noia e psicodramma famigliare. Si vedono un bel po' di scopate e pippate: si gradisce ma poi, dentro, non rimane un granché.

Sopravvissuto - Ridley Scott 5: Matt Damon si ritrova da solo su Marte e dalla Nasa si fa di tutto per riportarlo sulla Terra. Tutto qui, il resto è un campionario di carinerie, dalla colonna sonora cool-vintage alle battutine con inevitabili riferimenti alla pop culture. Fingendo di divertirmi, rimpiango la serietà di Apollo 13.

Suburra - Stefano Sollima 5: prodotto cinematografico prestampato, preconfezionato, stilizzato, fumettistico senza avere il coraggio di ammetterlo. Non c'è traccia di riflessioni serie sul Paese, ma non si conoscono neppure molto bene le regole del noir: il pensiero va solo al lancio della serie su Netflix.

Life - Anton Corbijn 4: il regista, noto fotografo, deve aver messo tutto se stesso per raccontare la genesi di James Dean, una delle più grandi icone del Novecento. Purtroppo, la cura formale ed estetica non va di pari passo con l'abilità drammaturgica di rendere davvero vibranti le inquietudini dei protagonisti. 

Pecore in erba - Alberto Caviglia 0: un finto documentario sulla vita di un immaginario antisemita, attraverso interviste a personaggi italioti dello spettacolo e del costume. Spacciato come coraggioso e anticonformista, è un niente assoluto. Il cinema non abita qui.









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