Mi piacerebbe concludere questa carrellata estiva di vecchi film facendo qualche riflessione su uno dei capolavori del maestro David Cronenberg, arrivato al venticinquennale ma che non ha un perso un briciolo della sua forza raccapricciante. Da almeno un decennio, una gran parte di trasposizioni di fumetti descrive la mutazione dell'uomo come punto di partenza per la formazione di un supereroe, sebbene spesso accompagnata da numerosi ostacoli emotivi e psicologici. Dagli X-Men a Capitan America passando per l'Uomo Ragno, il (buon) cinema american-popolare ha raccontato l'evoluzione di personaggi le quali trasformazioni del corpo vengono sfruttate per imprese fuori dalla normalità, mettendo l'accento soprattutto sui benefici del cambiamento fisico. Recuperando un film estremo e disperato come 'La Mosca', è interessante notare come la poetica della mutazione venga analizzata negli aspetti meno edificanti. Mutazione come autodistruzione, innanzitutto. Il protagonista, interpretato da un eccezionale Jeff Goldblum, rimane vittima della sua stessa ambizione a causa di un banale incidente che lo costringe ad assumere in maniera progressiva i connotati di un insetto. Dopo venticinque anni, il film rimane un pugno nello stomaco, un horror nel quale le intuizioni narrative si reggono su un sottile filo di inquietudine e di repulsione. Ancora oggi, lo spettatore è costretto a riflettere sulla diversità relazionandola al proprio limite di accettazione. Nello stesso tempo, il film è tipicamente cronenberghiano nella perdita di controllo dell'uomo in luogo del mostro che, in maniera più o meno consapevole, abita dentro di noi. Dall'altra parte, il genio di Cronenberg risplende anche nel raccontare una storia d'amore che, fino all'ultima scena, non viene annullata dalla trasformazione da essere umano a creatura mostruosa. Aspettando il nuovo 'A dangerous method', 'La mosca' è un salutare ripasso della poetica di Cronenberg ma anche un ottimo punto di partenza per conoscere il cinema del maestro canadese.
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