lunedì 15 ottobre 2012

Un Giorno Speciale (voto 5)

Cristina Comencini è uno dei grossi mali del cinema italiano. Da 'Va dove ti porta il cuore' a 'Quando la notte', passando per 'Bianco e nero' e 'La bestia nel cuore' (veramente orribile), la regista romana non è mai stata in grado di girare un lavoro perlomeno dignitoso. Figlia del grande autore di 'Pane, amore e fantasia' e di 'A cavallo della tigre', è una delle principali rappresentanti di quello pseudo-intellettualismo retorico e cerchiobottista, che si indigna di fronte ai successi dei cinepanettoni ma che dietro la facciata finto-impegnata nasconde un banalissimo e stucchevole contenuto. Nel suo cinema: soltanto personaggi benestanti, soltanto drammi famigliari, soltanto problemi sentimentali. Ha una sorella un po' più giovane, Francesca, autrice di teatro e documentarista, che cinque o sei anni fa ha girato un film molto bello, 'A casa nostra', che descriveva impietosamente che città dimmerda sia diventata Milano negli ultimi dieci anni. Attenti, dunque, a non confondere Francesca con Cristina. Francesca è anche la regista di 'Un giorno speciale', presentato all'ultimo Festival di Venezia in Concorso. Purtroppo, 'Un giorno speciale' assomiglia troppo a un film della sorella Cristina e non è lontano, per banalizzazioni e approssimazioni, alla descrizione degli adolescenti/giovani adulti dei libri di Moccia. La diciannovenne Gina si sta preparando a un incontro con un parlamentare, che le dovrebbe garantire un posto sicuro in televisione. Ad accompagnarla all'appuntamento è Marco, suo coetaneo e autista al primo giorno di lavoro. L'incontro viene rimandato a sera, a causa degli appuntamenti del parlamentare. Durante la mattina e il pomeriggio, però, i due baldi giovani avranno modo di approfondire la loro conoscenza, di confidarsi e di confrontarsi, forse di innamorarsi. Molto avviene all'interno dell'auto blu guidata da Marco, manco fossimo nell'ultimo di Cronenberg. Dopo una partenza interessante e simpatica, 'Un giorno speciale' si perde in dialoghi pressochè imbarazzanti e in una caratterizzazione dei personaggi iper-stereotipata. Tanto la regista era riuscita a individuare il marcio che invade banchieri e politicanti in 'A casa nostra', quanto non risulta assolutamente in grado di percepire i reali sentimenti e pensieri di due ventenni, costretti a inseguire i sogni che vengono loro imposti dalla società dell'apparire e della superficie. I riferimenti al velinismo e al berlusconismo sono di una sciatteria senza pudore. Se il risultato finale non è penoso come i film di Cristina, lo dobbiamo ai protagonisti. Filippo Scicchitano è di una simpatia naturale, immediata e, dopo 'Scialla', si tratta di una bella conferma. Giulia Valentini non è soltanto un gran bel biscottino. In fondo, 'Cosmopolis' è ancora più brutto.

Emiliano Dal Toso


 



Nessun commento:

Posta un commento