Nessuno sa quel che succederà di nessun altro se non il desolato stillicidio del diventar vecchi.
Ha lavorato otto anni ininterrottamente Walter Salles per trasportare sul grande schermo il romanzo di Jack Kerouac 'Sulla strada'. Il regista brasiliano de 'I diari della motocicletta' ha terminato un'impresa che altri registi sono stati costretti sempre ad abbandonare, a causa della grandissima difficoltà di trasformare in immagini le parole del libro. Stiamo parlando di progetti che vedevano Godard dietro la macchina da presa con Marlon Brando protagonista oppure di Francis Ford Coppola regista con Brad Pitt in prima linea. Salles, invece, ha scelto per i ruoli principali due attori poco conosciuti, Garrett Hedlund nei panni di Dean Moriarty e Sam Riley in quelli dell'alter-ego di Kerouac, Sal Paradise. Quest'ultimo lo ricordiamo, però, per un altro ruolo maledetto, quello di Ian Curtis nell'ottimo 'Control' di Anton Corbijn. 'Sulla strada' è sicuramente uno dei libri più belli che abbia mai letto nella vita. Come tanti altri, la grande attesa di vedere la traduzione cinematografica di uno dei propri libri più amati non può che comportare enormi delusioni. Oltretutto, quando si tratta di un capolavoro letterario riconosciuto all'unanimità (e in questo caso, sinceramente, i bastian contrari sono dei cretini). Non stiamo certamente parlando de 'La solitudine dei numeri primi'. Ad ogni modo, l' 'On the road' di Walter Salles è un buon film. Chi ama veramente il cinema, non può non riconoscere la grandissima precisione del lavoro di Salles, sotto ogni punto di vista: ricostruzione storica, ambienti interni ed esterni, musiche, paesaggistica, vestiti, tutto viene riportato in maniera semplicemente magnifica. Ottima anche la scelta del casting, non solo Hedlund e Riley sono indovinati ma soprattutto una favolosa Kristen Stewart/Mary Lou e un simpaticissimo Tom Sturridge/Carlo Marx. Belle anche le brevi apparizioni di Viggo Mortensen e Steve Buscemi. E' probabilmente questa straordinaria precisione formale a essere, nello stesso tempo, il maggior pregio e il maggior difetto del film. Se, da una parte, il risultato è quello di un'operazione impeccabile, dall'altra proprio questo sapore così vintage, così patinato, appare essere quasi un tradimento all'anarchia e alla potenza dello spirito di Kerouac. Questo è l'appunto principale da fare all'opera di Salles. Per il resto, il film scivola via benissimo, e nel finale riesce anche ad emozionare (bellissima, in modo particolare, la parte messicana). Ciononostante, va detto che si esce dal cinema con l'amaro in bocca, ma la colpa non è del regista. Si esce dal cinema con l'idea che si sia assistito alla storia di due ragazzi, di due amici troppo lontani e distanti, ormai. Si è assistito a una storia, a un racconto, a un'utopia che non esistono più. Oggi, 'Sulla strada' è un documento storico, un capolavoro letterario del Novecento. Ma è un'illusione pensare che parli ancora di quelli come noi. Tanto di cappello, comunque, a Walter Salles, che dopo aver affondato il colpo nelle radici del Che, conferma di non aver paura a rincorrere e ad aggredire il Mito.
Emiliano Dal Toso
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