Microcosmo atipico. Sono queste le due parole che definiscono al meglio il Treste Film Festival. Microcosmo perchè questa non è una manifestazione che ama gli spazi faraonici. Qui non troverete nessun tendone da circo in stile PalaBiennale e nemmeno futuristici Auditorium o Palazzi del Cinema. Tutto si svolge all'interno di un edificio fatiscente e littorio, carico però di un incredibile fascino. Ricavato in una ex casa del lavoratore portuale, il Teatro Miela, ospita un universo magico e ovattato. Atipico, per l'appunto. Una terra franca che appartiene a tutti e a nessuno. Vanno in scena talenti provenienti da un Mondo geograficamente vicino ma culturalmente lontano, ignoto e ingiustamente misconosciuto: l'Est Europa. Il programma è denso e complesso allo stesso tempo. Tre le sezioni più importanti in concorso: Miglior cortometraggio, Miglior documentario e Miglior lungometraggio. A questi si affiancano una marea di eventi collaterali: due retrospettive, una sulla scuola di Wajda e l'altra su Grzegorz Krolikiewicz uno dei maggiori registi polacchi abbandonato in un ingiusto dimenticatoio. Inoltre, spazio all'incontro e al dibattito con le scuole di cinema provenienti da tutta Europa con due appuntamenti dal titolo "When East meets West" e "Eastweek Showreel". Chiudono la rassegna il Premio Corso Salani e la rassegna Zone di Cinema. Il festival del Cinema di Trieste è diverso da tutti gli altri perchè viene realizzato da ragazzi giovanissimi (la maggioranza dei registi è sotto i 30 anni) ma viene seguito da gente in età avanzata. Solitamente in Italia, avviene il contrario, ed è questo il grande punto di forza. Qui non c'è nessuna attenzione verso il clientelismo delle case di produzione e nemmeno verso il gusto di puntare a un successo di pubblico. Insomma si potrebbe definire Cinema allo stato embrionale, si percepisce una voglia dirompente in queste fervide menti, nel voler realizzare un sogno, prima che un'opera di valore artistico. I loro film non hanno sempre un elevato valore cinematografico ma hanno tutti un fattore comune: trasudano passione per il Cinema e desiderio di mostrare le proprie capacità. Alla fine il premio più importante per il miglior lungometraggio se lo è aggiudicato "Dom" (La casa), film slovacco diretto da Zuzana Liovà che parla di un padre padrone desideroso di costruire due case per le sue due figlie. Le incomprensioni e l'inevitabile svolgersi degli eventi trasformeranno il suo sogno in un incubo. Una serie di tematiche viste e riviste non fanno di questo film un'opera meritevole, soprattutto in confronto con altri due film in concorso: "Avè" di Konstantin Bojanov, storia di due ragazzi che si conoscono facendo autostop e "Elena" meraviglioso film diretto da Andrej Zvjagintsev (regista de "Il ritorno"). L'organizzazione del festival, possibile grazie ai molti ragazzi volontari, è lodevole anche se non sono mancati ritardi e piccoli incovenienti. In Italia insomma non sembra essere tutto perduto, piccoli miracoli come il Trieste film festival accadono molto spesso per nostra fortuna. Basta solo saperli riconoscere e trovare prima che la folata di vento che li ha fatti arrivare torni a portarseli via fino al prossimo anno.
Alvise Wollner
Nessun commento:
Posta un commento