Non avevo la minima voglia di andare a vedere questo film. Dovevo andare a rivedere 'The Artist' per accompagnare un mio amico ma sono arrivato troppo tardi e l'unico che iniziava dopo era il remake di David Fincher di 'Uomini Che Odiano Le Donne'. Durante la visione, mi sono reso conto che nella mia più totale sottovalutazione a priori non avevo pensato al fatto che Fincher è un signor regista e che avrebbe dato modo di appassionarsi anche a chi conosceva già la storia e a chi aveva apprezzato il film precedente di Niels Arden Oplev. Se compariamo i due lavori, ci rendiamo subito conto della differenza tra un grande regista e un regista normale. Quando si è esclusivamente interessati all'intreccio narrativo del film, significa che il regista ha fatto il suo compito e non aggiunge nulla a una storia solida e ben congegnata. Quando, invece, si rimane inebriati e coinvolti da tutti quei preziosismi senza i quali non avrebbe senso parlare di opera artistica, significa che dietro la macchina da presa non c'è un mestierante ma un autore. E David Fincher lo è. Innanzitutto, è uno di quei registi con una marcata riconoscibilità. Basta poco per capire che questo 'Millennium' è un suo film. Il marchio di fabbrica è il medesimo del capolavoro 'The Social Network': fotografia di Jeff Cronenweth, colonna sonora di Trent Reznor e Atticus Ross. E il risultato è un'atmosfera cyberpunk/hightech/industrial da fuori di testa. Fincher riesce a comunicare soltanto col lavoro tecnico tutta la sua filosofia e la sua poetica: cupa, disturbante, distorta, perversa. E modernissima. 'Millennium' convince proprio laddove il film svedese era precario, cioè nel lavoro di fino, nelle smussature, negli aspetti meno appariscenti ma, attenzione, non secondari. Ed, invece, è ovviamente meno trascinante nella trama già conosciuta e allungata di una mezzora piuttosto inutile e interminabile. Se Daniel Craig è praticamente il clone di Michael Nyqvist, Rooney Mara è una Lisbeth Salander più sexy, più femminile, meno spigolosa e meno autentica. Ma quello della Salander, anche in questo caso, è un personaggio talmente devastante che vale da solo, di nuovo, il prezzo del biglietto. Lisbeth è la vera femmina vendicatrice, vittima delle violenze e degli abusi, anarchica di fronte a una società che ha perso la sua dignità e la sua morale. Le sequenze dello stupro e della punizione "carnale" nei confronti del tutore sono rese magistrali quando prima erano soltanto efficaci. 'Millennium' perde, però, nella svedesità che caratterizzava l'opera precedente. Viene meno il fascino di un lavoro di genere capace di autodescrivere una nazione oscura e malata, dietro l'apparente eleganza formale. Fincher è sempre stato radicale e netto nel suo approccio: fin da 'Seven' il registro assolutista fa il film, il clima stesso è parte integrante del contenuto. E le tematiche fincheriane sono certamente presenti: la normalità del Male, la schizofrenia di una Società contraddittoria.
Emiliano Dal Toso
Emiliano Dal Toso
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