Marco Bellocchio è un regista che sa il fatto suo, conosce l'industria del cinema come pochi in Italia, è uno dei due autori che hanno la possibilità di parlare di qualsiasi cosa e di permettersi qualsiasi cosa, in questo Paese. L'altro è Nanni Moretti. Qualsiasi attore italiano, emergente o non, vorrebbe essere diretto dal Maestro Marco Bellocchio. Laddove la forma prevale sul contenuto, laddove l'arte è tale perchè è il risultato del lavoro di un artista e non perchè sia l'opera artistica a renderlo artista. Ormai, artista lui lo è già. Non ho minimamente intenzione di parlare del tema che dovrebbe essere al centro della sua ultima fatica, 'Bella Addormentata', ovvero l'eutanasia. Passerò immediatamente al giudizio di valore, come non dovrebbe mai fare un buon critico cinematografico. Così come nel calcio va di moda il falso centravanti, il film del regista bobbiese è un falso capolavoro. Il cast è straordinario: Servillo impressionante, addirittura inedito; Isabelle Huppert glaciale, meravigliosa; Rohrwacher - Riondino da colpo di fulmine. Ma anche Bellocchio Junior, il buon Pier Giorgio, è assolutamente impeccabile e la sua compagna Maya Sansa è bella, intensa, maledetta. Alcune sequenze sono favolose, in modo particolare quella dell'incontro tra il senatore Servillo, in crisi d'identità, e lo psichiatra Herlitzka in un immaginario bagno turco situato sotto il senato è destinata a rimanere impressa nella memoria per intelligenza, brillantezza, lucidità. Ci sono momenti di grande poesia, di grande intensità, perchè i personaggi sono tutti scritti benissimo, sono a tutto tondo e, malgrado siano tanti, ciascuno di loro ha il suo significato, un ruolo preciso, fondamentale all'interno di un racconto nel quale nulla è lasciato al caso. D'altronde, la capacità di farecinema è indiscutibile. Pochi come Bellocchio sanno creare quell'atmosfera surreale, grottesca che ha caratterizzato indubbiamente alcuni dei suoi migliori film come 'L'ora di religione' e 'Il regista di matrimoni'. Che cosa discutiamo, dunque, al Maestro? 1) Come tanti lavori italiani ambiziosi e incompiuti, la sua 'Bella Addormentata' è poco esportabile. Malgrado l’universalità del tema principale, è sempre tutto troppo italiano: il solito teatrino della politica, le solite crisi di nervi delle famiglie borghesi, il solito sfondo cronachistico difficilmente comprensibile da chi mastica poco il linguaggio dei mezzi di comunicazione del Paese. Tutto è troppo esplicito, spiattellato. C’è poco spazio per la suggestione, per l’allusione, per l’interpretazione autonoma: caratteristiche di solito presenti in un gran film che possa essere amato da chiunque. Sono pronto a essere smentito dalla giuria di Michael Mann se domani pomeriggio (scrivo questo post il giorno prima delle premiazioni veneziane) Bellocchio dovesse vincere il Leone D'Oro per il miglior film. Nel caso in cui vincesse, vorrà dire che qualcosa è cambiato: ma nella capacità degli altri di comprendere il nostro cinema, non nel nostro modo di farlo. 2) Il sospetto è che Bellocchio abbia utilizzato l’eutanasia per parlare di tutt’altro, cioè dell’amore come l’unico criterio che possa determinare le scelte della vita e, di conseguenza, le proprie convinzioni. Bella tesi, ma c’era bisogno di tirar fuori Eluana per arrivare a questa conclusione? Probabilmente, non si tratta che di un'altra abile mossa di "marketing d'autore" da parte di un Maestro dell'Inganno.
Emiliano Dal Toso
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