giovedì 13 settembre 2012

L'Intervallo (voto 8)

E' stato presentato nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia e ha ricevuto immediatamente critiche entusiastiche 'L'intervallo' di Leonardo Di Costanzo, documentarista napoletano al suo esordio nell'opera di finzione. Mai come in questo caso non posso che unirmi agli elogi, dal momento che stiamo parlando di un lavoro straordinariamente profondo, emozionante eppure semplicissimo, essenziale, proprio come piace a noi. Mimmo è un adolescente costretto da un boss locale partenopeo a sorvegliare in un enorme stabilimento deserto e lasciato a se stesso la quindicenne Veronica, colpevole di frequentare un ragazzo del clan rivale. Dopo le iniziali diffidenze, tra i due si creerà una forte empatia, una grande solidarietà reciproca che li farà dimenticare, almeno temporaneamente, la dura realtà che li circonda. L'intervallo è proprio questo brevissimo frangente di vita, questa parentesi nella quale i due protagonisti danno spazio all'amicizia, al gioco, alla confidenza, recuperando quell'infanzia e quella giovinezza che sono state strappate via da una quotidianità infame, nella quale la criminalità, la sopraffazione e la violenza non permettono di sognare e nemmeno di prendere in considerazione la possibilità di volare via, di abbandonare le proprie radici, di fuggire. Il film si regge quasi esclusivamente sull'interazione tra i due giovani protagonisti, bravi in maniera eccelsa, mentre sullo sfondo i cambi di luce e l'alternarsi degli ambienti ora chiusi e opprimenti, ora aperti e vivaci, sono utilizzati per sottolineare la graduale evoluzione del loro rapporto, sempre sfumato, sempre suggerito e per nulla romanzato. Potrebbe apparire, sulle prime, una visione un po' ostica proprio perchè Di Costanzo si prende i suoi ritmi, che sono quelli di un cinema attento a delineare con realismo e sensibilità le caratterizzazioni dei suoi personaggi, mai caricaturali ma umani, troppo umani. Non ci sono, infatti, rilevanti eventi narrativi nè cambi di ritmo, se non negli ultimi quindici minuti quando il gioco finisce, e la libertà della prigionia deve fare spazio alla condanna della sopravvivenza. Non mancano alcuni passaggi di pura poesia: il sogno impossibile di scappare condiviso su una barchetta trovata per caso all'interno dell'edificio, utilizzata per fantasticare una partecipazione in un reality show oppure una visita in Madagascar; l'augurio di una catastrofe naturale per poter ripartire daccapo, insieme a quei pochi che non sono ancora stati "mangiati vivi" dal Sistema. Uno sguardo dolceamaro, un sussurro pudico e innocente che ritaglia quei pochi istanti di resistenza che valgano veramente la pena di essere vissuti.

Emiliano Dal Toso

L'intervallo

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